23 novembre, 2006






Al peggio non c'è mai fine

Ave gaio visitatore

...”al peggio non c'è mai fine.” Il perché si vada a vedere sempre il peggio delle cose è piuttosto curioso. Ma quello che risulta ancora più curioso è il fatto che tendiamo, più o meno tutti, nella veste di critici o criticoni a tuffarci anima e corpo nella “monnezza” e quindi a dotarci di un orizzonte affastellato di oggetti da rigetto. Ma il porsi come traguardo delle proprie elucubrazioni mentali, gli “orizzonti monnezzari” del nostro tempo, non crea, a lungo andare, il rischio di trasporre ciò nella realtà stessa? Voglio dire che se ti butti in mezzo al mare l'elemento con cui avrai a che fare, almeno fino a quando non deciderai di raggiungere la terra ferma, sarà pur sempre l'acqua marina... Quindi, perché?

Io, o meglio il Moovida che è in Me, crediamo che ciò sia determinato: dalla facilità.
Facile è giudicare tutto ciò che è “ovvio”, tutto ciò che è frutto di ricerche minimaliste con l' ausilio di mezzi che ti offre il senso comune o la comune cultura, ma che altro non sono se non mezzi mediocri di approccio e che non possono che portare a mediocri risultati. Risultati che lasceranno come traguardo solo l'orizzonte di monnezza.

Se poi l'ovvio viene mascherato da luci e lustrini, attraverso interviste, recensioni, trasmissioni, allora l'ovvio diventa importante e conosciuto, o meglio, conoscibile costringendo i criticoni (critici faciloni) a ribadire ciò che gli viene “imposto”.

E perché allora non cominciare a pensare che “...al meglio non c'è mai fine!
Perché non ampliare l'orizzonte oltre la monnezza cominciando a vedere con i propri occhi, a sentire con le proprie orecchie, a gustare con il proprio palato. Vedere il mondo, gustare il mondo o sentirlo attraverso le recensioni, anche se di critici quotati, è come averne un'immagine distorta, passata e soprattutto di seconda mano. Inoltre ci allontana irrimediabilmente dai “meccanismi” e le ragioni per cui chi “fa”, fa ciò che “fa”.

Forse l'unico consiglio che il Moovida si sente di dare è quello di: fare, fare e poi ancora fare. Fate, sperimentate autonomamente, non lasciatevi illudere da questa cultura dell'attesa, dell'inoperatività in attesa di specializzazione. Molto speso infatti le, cosiddette, scuole di specializzazione altro non sono che anticamere del conformismo mediocrizzante. Le “regole”, infatti, servono solo a coloro che, al fine di poter continuare a guadagnare, cercano un sistema efficace per tener sotto controllo le individualità creative...

Comunque la vita diventa una figata se...”al meglio non c'è mai fine”.
Ave, gaio visitatore!

Mr. Boerna

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